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Cenni storici

La prima edizione dell’evento LO PAN NER 2015 , avvenuta su territorio valdostano, è stata un grande successo tanto che quest’anno parteciperanno all’iniziativa, oltre che la regione Lombardia e la Val Poschiavo nel cantone dei Grigioni (Svizzera), come nel 2016, anche la regione Piemonte. La promozione di questo importante prodotto alimentare ha varcato il territorio valdostano per assumere le caratteristiche di una festa interregionale e transfrontaliera da svolgersi in contemporanea. Denominatore comune: zone di frontiera, territori di valichi montani che hanno saputo mantenere la ricchezza delle tradizioni, ambienti alpini dove le usanze erano simili come era simile la povertà e dove il pane rappresentava talvolta un lusso. In alta quota la segale era la principale coltura cerealicola seguita poi dal frumento, avena, orzo, grano saraceno, mais.

“ Il momento della raccolta dei cereali  nelle zone montane è il mese di luglio ma a quote elevate come nei Grigioni si effettua in agosto. Questa operazione era svolta manualmente dai membri della famiglia e in caso di necessità si assumevano dei braccianti. I braccianti quando formavano una squadra avanzavano nel campo su un fronte sparso con il primo che dava il ritmo. Gli strumenti erano simili anche se hanno avuto usanza in tempi diversi ”.*

Quando la produzione era ridotta la trebbiatura avveniva a mano in un luogo aperto o con un tetto di protezione. “Nella zona dei Grigioni l’aia consiste in un locale lungo coperto con il pavimento di assi di larice situato all’altezza del fienile (Valposchiavo), e si usava il bastone o il correggiato (fléyé, Valle d’Aosta). Nelle grandi aziende si usavano gli animali che con i loro zoccoli pestavano le spighe, con la treggia e la tavola (lisciú, türión, traión, Lombardia) con il rullo (trol, rigul Lombardia) o il carro.”*

Si conservava poi il grano in un locale asciutto e poi si passava al mulino per ridurla in farina poco prima della panificazione per non alterarne la qualità.

Il momento della panificazione era sempre una festa anche perché in certe zone il pane non rappresentava un alimento quotidiano ed era sostituito dalla più economica polenta.

Il linguista svizzero Paul Scheuermeier, nella sua ricerca avvenuta intorno agli anni venti riguardante la Svizzera italiana e l’Italia centro-settentrionale, ci fa sapere che  in molte zone non esisteva nemmeno il forno comunitario ma soltanto il forno normale che si trovava in ogni casa contadina. “Le donne preparavano il pane delle volte per la domenica o per altri giorni festivi. In alcuni paesi alpini come la Valle d’Aosta sino al 1928 il pane veniva preparato una o due volte all’anno. Nei comuni periferici di Poschiavo sino al 1920 si preparava il ‘pane secco’ a forma di anello solo due volte all’anno.”*

Si trattava sempre di un pane a pasta lievitata aggiungendo cioè lievito fatto con pasta madre: “si conservava ogni volta, dopo la preparazione del pane, un piccolo resto di pasta entro un recipiente, come una ciotola o un piatto di legno o di terracotta lasciandolo inacidire; quasi sempre alla vigilia del giorno in cui si prepara il pane si mescola la pasta tenuta in serbo con farina e acqua calda e così si ha pronto il nuovo lievito… la prima fase di lavorazione del pane era quella dell’impasto che avveniva nella madia. La madia è un contenitore di legno di forma ovale nei Grigioni e rettangolare nelle altre zone”.* Quando la pasta era pronta si preparavano le forme, pagnotte o pani più grandi, che si mettevano su un lungo asse di legno e portate al forno pronte per essere infornate.

* Scheuermeier Paul. Il Lavoro dei contadini. Cultura materiale e artigianato rurale in Italia e nella Svizzera italiana e retoromanza. Milano. Longanesi & C. I MARMI, volume 99. 1980.