Seleziona una pagina

Coltivazione dei cereali

In tutto il mondo e nel corso degli anni, l’agricoltura ha subito trasformazioni determinate dalle nuove tendenze alimentari, dal punto di vista qualitativo e quantitativo.
Attualmente, la richiesta di cereali, derrata cardine nella nutrizione del passato, evidenzia un notevole incremento.

La Salle 2014. Nuove coltivazioni di segale. Cristina Beneyton.

Fino al secondo dopoguerra, la coltura cerealicola valdostana era ancora diffusa: ricopriva quasi la metà della superficie coltivabile e i campi si estendevano persino a 2.000 m d’altitudine. Diversamente, la tendenza odierna è quella di non seminare oltre i 1.300 m.Segale e frumento erano le coltivazioni essenziali, perché maturavano precocemente e resistevano sia al freddo sia alle erbe infestanti.

Per mantenere il terreno fertile, si praticava la coltura a rotazione, alternando il grano con le patate o con altra tipologia cerealicola di minor pregio, come avena, orzo, mais, ecc…

Si seminava manualmente, a spaglio, preferibilmente a settembre.

Luglio era il mese della mietitura. Si controllava la maturazione dei chicchi mettendone uno tra i denti per valutarne la consistenza: se questo si frantumava facilmente il raccolto era giunto a corretta stagionatura. Per riuscire a legare meglio i covoni, si preferiva recarsi nei campi all’alba, quando la temperatura esterna era meno calda e con bassa percentuale di umidità nell’aria.

Arnad 2015. Pierre Bonel

Il trasporto nell’aia avveniva a dorso di mulo.

La separazione tra chicchi e paglia avveniva in ampi spazi, battendo le spighe a ritmo preciso con l’uso del correggiato, lo fléyé (coppia di bastoni, manico e battente). Di seguito, il grano veniva ammucchiato con una pala. Invece, con il rastrello si radunava la paglia per preparare le fascine. Il grano era riposto per circa tre mesi nell’artse della segale: una grande madia in legno con coperchio, utilizzata per la conservazione dei generi alimentari. Ogni famiglia ne aveva una o diverse, in base alla quantità del proprio raccolto.

Successivamente, il grano riposto veniva macinato nel mulino del villaggio e, l’11 novembre a San Martino, si dava inizio alla panificazione, che poteva protrarsi fino al periodo prenatalizio.

 

Étroubles, 2015. Artse. Marco Calchera

Ogni villaggio era autonomo, poiché munito di propri forni e mulini.

Anche la toponomastica della nostra regione attesta l’importanza della cerealicoltura del passato: Étroubles, 1.270 m s.l.m. paese con coltivazioni di frumento, si chiamava Restopolis, poi Estruble. Nel 1651 è attestato il toponimo Estrobles. Tutti questi nomi sembrano significare “pays aux hautes chaumes” (paese dalle alte stoppie).

 

www.patoisvda.org